Marconi: “Innovazione e valori per resistere alle spinte di omologazione”

I volti del nuovo Cda del CSR. Mauro Marconi, presidente For.B

Nel rinnovato Cda del Consorzio Sociale Romagnolo siede, per la prima volta, Mauro Marconi, presidente della cooperativa For. B, attiva nell’area forlivese della Romagna. In questa intervista esclusiva, Marconi mette in luce il suo modo di vivere la cooperazione sociale, lo sguardo sulla realtà del lavoro al tempo della pandemia e le traiettorie del suo impegno all’interno del CSR. Uno strumento in cui crede moltissimo.

Marconi, lei si definisce un “presidente operaio”: cosa intende?
For.B è una cooperativa il cui Cda è composto soltanto da soci lavoratori. Tutti quanti, presidente compreso, ricoprono queste cariche a livello volontario, senza ‘gettoni’. Sono sempre stato un dipendente della cooperativa, mi occupo anche oggi della gestione del verde e cerco di tenere assieme l’aspetto pratico di questo specifico ruolo e quello ‘politico’ che compete alla mia carica. Ogni tanto ci tengo ad andare sul campo coi ragazzi, perché penso sia utile mantenere un contatto diretto con chi opera nelle nostre realtà, che vivono di esempi. L’aspetto educativo è centrale.

Insomma, si ‘rimbocca le maniche’ anche lei. In quanti ruoli è impegnato invece al momento?
Oltre ad essere presidente di For.B, una cooperativa unitaria aderente a Lega e Conf, che nasce nel 2015 dalla fusione di due realtà storiche di Forlì, da due mandati sono vice presidente di Federsolitarietà regionale e sono membro del consiglio di presidenza della Confcooperative Forlì-Cesena, ora Conf Romagna

Qual è la sua storia professionale?
Sono un cooperatore di seconda generazione. Ho un fratello più grande pioniere del mondo della cooperazione sociale, fondatore del CSS Consorzio di Solidarietà Sociale di Forlì negli anni ’80. Diplomato all’istituto tecnico agrario di Cesena, prima di arrivare alla cooperazione ho lavorato in alcuni vivai del territorio e al Consorzio agrario. Poi all’inizio degli anni ’90 il Comune di Forlì aveva sottoscritto un protocollo per favorire l’aggiudicazione diretta di una parte del verde e mio fratello mi coinvolse per la competenza tecnica. Accettai. Da lì è scoppiata la scintilla: mi sono ritrovato in pieno nei valori, nell’inserimento lavorativo.

Che dimensioni ha For.B oggi?
Siamo in tutto 120 persone fra soci (62) e dipendenti. Durante la stagione estiva tocchiamo anche i 150 addetti. L’ultimo bilancio è stato chiuso a 5 milioni e 600mila Euro.

Come avete incontrato il CSR?
Conosco da tempo Pietro Borghini e Gianni Angeli (membri Cda del CSR, ndr.) e ho incontrato il CSR in diverse occasioni nel corso degli anni, per via degli altri incarichi che ho a livello regionale e per dinamiche legate al settore ambiente. Da tempo c’erano ipotesi di lavoro assieme e questo ha iniziato a concretizzarsi negli ultimi anni.

Da due anni siete soci del CSR. Perché avete valutato questa adesione?
Veniamo da una storia consortile. Aderiamo a CGM -Consorzio Gino Mattarelli- un Consorzio nazionale improntato alla formazione ed all’innovazione, che ci consente di sviluppare relazioni con interlocutori a livello nazionale ed internazionale. Oggi ciò che cerchiamo all’interno di un Consorzio è la valorizzazione dell’inclusione sociale e la spinta sull’innovazione, a partire dal rafforzamento dell’identità imprenditoriale della cooperazione sociale. Ci teniamo a fare massa critica rispetto alle istanze dalla cooperazione sociale e, ora più che mai parlando di dimensione romagnola, uno strumento come il CSR, in grado di aggregare le cooperative nel territorio, risulta fondamentale e strategico.

Che contributo può dare al Consorzio?
Posso portare la mia esperienza sui tavoli regionali, con uno sguardo trasversale che può contribuire ai ragionamenti strategici portati avanti dal consorzio. Pensiamo insomma, come For.B, di poter dare un supporto utile per lo sviluppo del CSR.

Cosa ha trovato nel Consorzio?
Grande passione e competenza, anche a livello operativo.

Cosa si aspetta dal Consorzio e dalla sua partecipazione nel Cda?
Vorrei lavorare su sfide importanti, rimarcando per esempio che siamo un tipo di impresa unico che tiene insieme l’aspetto economico e imprenditoriale con l’inclusione sociale. È il nostro punto di forza, il nostro vantaggio competitivo. Dobbiamo lavorarci sempre di più.

Rispetto allo scenario del mondo del lavoro, quali le difficoltà maggiori che vivono le cooperative?
Il contesto cambia velocemente e le coop si devono, in parte, adeguare strutturandosi. Molte lo hanno già fatto ma non dobbiamo mai dimenticare che siamo un’impresa particolare, mentre il pericolo di farsi omologare, magari per la volontà di portarsi a casa lavori a tutti i costi, è forte, come ad esempio il tentativo di farci applicare contratti di settore diversi dal nostro. In tal senso, subiamo spesso pressioni perché il contesto intorno a noi tende a farci pensare e ragionare come se fossimo un’impresa tradizionale. Al contrario, dobbiamo mantenere la nostra identità che, unitamente alle nostre peculiarità, non è solo motivo valoriale, ma rappresenta il principale vantaggio competitivo sul mercato.

Il ruolo dell’innovazione?
L’innovazione è un elemento imprescindibile su cui occorre investire per il nostro sviluppo. Premetto che per me la parola innovazione non si deve applicare soltanto ai servizi che attualmente svolgiamo ma anche ad ambiti differenti. In primo luogo, in questo scenario di costante mutamento, abbiamo il dovere di innovare il nostro modo di relazionarci con gli enti pubblici, a partire da un dialogo che non sia tra stazione appaltante e mero esecutore ma tra soggetti che possono, insieme, favorire lo sviluppo sostenibile ed inclusivo del territorio. Ancora, dobbiamo imparare, sempre più e sempre meglio, ad esprimere la nostra professionalità in contesti di mercato differenti da quelli per noi più tradizionali, con uno sguardo particolare al settore privato.

Quale potrebbe essere un primo tavolo di lavoro di cui lei sente l’importanza?
Sentiamo molto forte il tema della comunicazione: dobbiamo farci conoscere di più, arrivare alle persone, riprendere contatto con l’opinione pubblica. Negli anni ’90 c’era una spinta culturale che oggi si è spenta. Dentro le stesse cooperative ci sono persone che, arrivate con percorsi diversi, spesso non sono a conoscenza della storia, dei valori e delle caratteristiche distintive della cooperazione sociale. È una questione di identità valoriale che non possiamo permettere che vada persa.

19 dicembre 2020


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