Il vice presidente del CSR Carlo Urbinati: “Orgogliosi dei traguardi raggiunti”

Nel bilancio personale del neo eletto, e riconfermato, vice presidente del CSR, la preoccupazione in particolare per il futuro delle piccole cooperative. Una possibile via di fuga: “Spezzare il legame ente pubblico-cooperativa-gara e iniziare percorsi più commerciali legati all’artigianato o all’agricoltura”.

Carlo Urbinati, presidente della cooperativa New Horizon e vice presidente del Consorzio di Via Portogallo di Rimini, è stato riconfermato dall’assemblea dello scorso maggio come vice presidente del Consorzio Sociale Romagnolo anche per il triennio 2017-2020. In questa intervista la soddisfazione per i traguardi raggiunti e per la qualità del ‘modello’ CSR esportato in maniera positiva anche in area vasta, ma anche la preoccupazione per il ‘destino’ delle piccole cooperative.

Urbinati, come sono stati i primi tre anni del suo mandato e come si attende i prossimi tre?

Sono stati anni di grandi cambiamenti – come ha già sottolineato il presidente Vittori nella sua intervista – ma questi che verranno lo saranno altrettanto.

In positivo o in negativo?

Tra la Legge Regionale 17 che è in discussione, come il contratto di lavoro della cooperazione sociale e gare al ribasso fatte solo sul prezzo, lo scenario di questo cambiamento non mi sembra particolarmente positivo. Ma mi preme sottolineare anzitutto il cambiamento di sguardo nei confronti della cooperazione sociale: sono cambiati i rapporti umani, nelle relazioni ci siamo ritrovati ad essere dei numeri e non più delle persone.

Cosa significa?

Che per esempio, partecipare a certe gare vuol dire ragionare solo sul prezzo; altre gare sono diventate di ambito regionale e non riusciamo a partecipare. Ma questo significa snaturare i servizi che nascevano per dare una risposta al territorio, mentre ora sei chiamato a confrontarti su sistemi più ampi. Tutto questo mette in crisi il rapporto storico che nasce tra cooperazione sociale e il territorio che la esprime.

Il presidente Vittori teme per la sopravvivenza delle piccole cooperative sociali. Lei?

Certamente. Le piccole cooperative saranno sempre più in difficoltà. Oggi sopravvivono perché hanno saputo dare servizi in qualità e hanno buone relazioni territoriali. Purtroppo adesso tutto viene parametrato sul prezzo e si fanno gare anche su minimi servizi: difficile immaginare uno spazio per queste piccole realtà. Resteranno le grandi cooperative, che saranno più che altro ‘imprese’ sociali. Spero di sbagliarmi, ma ho una certa esperienza nel settore.

Il futuro delle cooperative sociali quale potrebbe essere?

Sicuramente una via di fuga da questo possibile scenario potrebbe essere questa: la cooperativa sociale è nata e cresciuta facendo servizi per l’ente pubblico. Ora potrebbe iniziare a mettersi in gioco su dimensioni diverse. Penso all’artigianato, alla produzione agricola, in attività cioè nelle quali non sei legato all’ente pubblico: la gestione di ristoranti, bar, gelaterie, alberghi. Così potremmo spezzare il legame ente pubblico-cooperativa sociale-gara. Naturalmente poi bisognerà trovare anche una nuova modalità di gestione del lavoro.

L’ambito territoriale allargato cosa provoca, a livello di cooperazione sociale?

La cooperazione sociale si occupa di inserire persone svantaggiate del territorio sul proprio territorio. Oggi invece si è innescato un meccanismo economico al ribasso e si è allargata l’area di intervento per cui può accadere, per fare un esempio, che una cooperativa di Reggio Emilia venga a fare una gara qui e una nostra cooperativa faccia una gara a Reggio: che senso ha? Questo si ripercuoterà sugli inserimenti lavorativi. Il nostro modello di cooperazione sociale, che veniva copiato ed esaltato in tutto il mondo, così viene smantellato.

La 381/91 nasceva 26 anni fa. Un quarto di secolo, nel quale il ‘mondo’ è cambiato. Come sono passati questi anni?

Il mondo è cambiato, e velocemente. Il modello di welfare basato sulla cooperazione sociale ha creato grande sviluppo e le cooperative sono diventate imprese, dando risposte a bisogni. Se guardo alla mia cooperativa, la New Horizon, quasi il 50% dei dipendenti sono svantaggiati e solo in una cooperativa sociale avrebbero potuto trovare lavoro. È un grande risultato e ne sono fiero. Ma oggi vedo questo modello messo in discussione e attaccato continuamente.

Ci sono altri modelli?

Se vuoi coniugare impresa e inserimenti lavorativi di persone svantaggiate, che incidono anche sul sistema produttivo, questo sistema deve essere protetto. Ma se ci si deve confrontare con imprese profit, non vedo possibilità di sviluppo diverso. Quindi non vedo un altro modello o un modello nuovo, ma forse sono miope io. Se verrà avanti un nuovo modello, probabilmente sarà molto meno inclusivo.

Cosa potrebbe accadere con lo smantellamento del modello di cooperazione sociale attuale?

Noi inseriamo svantaggiati anche al 100%: ma con un nuovo modello, tutti quelli con svantaggio oltre al 50%, che fine faranno? Ai margini della società? Resteranno nelle famiglie? Saranno rinchiusi nelle strutture protette? Saranno quindi, di nuovo, a carico dello Stato?

Meno inserimenti, più spesa per i servizi sociali. Concorda?

Certo: ci saranno molti meno inserimenti lavorativi di persone disabili medio gravi, con un’impennata dei costi sociali del servizio pubblico. A fronte di un risparmio di 10, ipotizziamo, che potrà avere l’ente pubblico andando a gara, ci sarà un costo di 100 dal punto di vista sociale.

Che giudizio da’ quindi sulla politica del welfare?

È miope. Parlano di trasparenza, equità, liberismo e quindi immaginano risparmio e ‘pax sociale’. L’impatto invece sarà distruttivo: per certe persone il lavoro è una medicina. Se li lasciamo a casa, cosa succederà?

Una riflessione sulle categorie del disagio: come sono cambiate in questi anni?

I problemi psichiatrici sono quelli che stanno crescendo rapidamente: il nostro stile di vita stressante e competitivo ha fatto impennare queste malattie e la mancanza o perdita di lavoro è deleteria per la psiche delle persone. La presa in carico dei servizi sociali oggi infatti riguarda soprattutto persone con disturbi psichiatrici: è il male della nostra società, il prodotto del nostro modo di vivere. L’uomo probabilmente si deve ancora adattare a questo scenario.

Come valuta l’ingresso di nuove cooperative nel CSR e l’allargamento all’area vasta?

Una premessa: il modello del CSR a Rimini ha funzionato molto bene, grazie ad un buon livello di integrazione e di cooperazione tra le varie cooperative. Anche il fatto di essere un Consorzio unitario ha aiutato molto ed è stato, il nostro, uno stile vincente e positivo. Le cooperative di area ravennate e forlivese/cesenate sono cresciute in un modello diverso, in un contesto più competitivo tra loro. Ecco, penso che l’integrazione tra questi due modelli richiederà tempo. Forse il CSR è stato un’isola felice, ma abbiamo creato un modello vincente di condivisione basato su ciò che ci accomuna più su ciò che ci potrebbe separare.

Le cooperative di area vasta che impatto hanno avuto sul Consorzio?

Sono già molte le cooperative di area vasta che hanno potuto beneficiare del CSR, ottenendo molte commesse di lavoro attraverso il Consorzio. Questo significa che il nostro modello funziona, bene, anche per loro. Il CSR inoltre può essere di grande aiuto alle cooperative sul tema delle gare per quanto concerne l’aspetto della progettazione e della produzione della documentazione.

Come presidente di New Horizon e vice presidente del CSR, come si sente rispetto a questa ‘storia’ che ha condiviso negli ultimi anni?

Sono orgoglioso del CSR per tutto quanto detto prima e in particolare anche come presidente della New Horizon: la nostra cooperativa ha dato molto al Consorzio, affiancandolo ed accompagnandolo nella crescita in maniera efficace ed efficiente. Oggi seguiamo la parte amministrativa, le gare, la segreteria, la parte finanziaria, fra le altre cose.

E il futuro del CSR?

Il Consorzio con il suo fatturato che supera i 18 milioni di Euro è tra le 500 imprese più importanti della Regione. Un bel traguardo, che vogliamo mantenere. Ci sono tante battaglie da affrontare, ma non ci tiriamo indietro.

Riccardo Belotti, 10 luglio 2017


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