Il saluto di Gilberto Vittori dopo sei anni da presidente del CSR
“Allargamento Area Vasta e Ufficio Gare tra i traguardi di mandato”
Strette di mano e abbracci virtuali, ma tanti sorrisi veri, gratitudine e molto più di un filo di commozione difficile da trattenere. Per Gilberto Vittori si è concluso mercoledì 8 luglio 2020 il secondo mandato da Presidente del CSR, che era stato preceduto da un doppio mandato da vice: 16 anni ai vertici del CSR e, dalla fondazione del Consorzio (1996), sempre in Consiglio. Vittori è stato quindi testimone oculare delle vicende e dei cambiamenti che hanno toccato non soltanto il CSR, ma la cooperazione sociale degli ultimi 25 anni. In questa intervista ripercorriamo con lui gli ultimi sei anni di governo, con uno sguardo al futuro.
Presidente Vittori, il giorno della rielezione nel 2014 aveva messo in luce tra i cambiamenti ‘epocali’ in seno alla cooperazione sociale, la fine della stagione degli affidamenti diretti – tra le conseguenze dell’inchiesta Mafia Capitale – che aveva definito la ‘rivoluzione copernicana’ del rapporto tra cooperazione e Pubblica Amministrazione.
A fine 2014 con l’inchiesta di “Mafia Capitale” tutto il mondo della PA prese le distanze dal mondo della cooperazione sociale. Questo inizialmente ci mise in grande difficoltà. La cooperazione sociale viveva di affidamenti diretti e ci chiedevamo che fine avremmo fatto. Furono mesi di grandi sollecitazioni che toccavano chiunque fosse coinvolto nel mondo della cooperazione sociale: rivendicavamo un ruolo positivo che rischiava di essere cancellato in un attimo.
Terminata l’era degli affidamenti diretti, cambiò l’atteggiaemento della PA nei confronti delle cooperative.
La PA ha avuto un atteggiamento più freddo e meno empatico con la cooperazione sociale. Ciononostante c’era la volontà da parte sua di trovare una modalità per continuare ad affidare i servizi alle coop perché, evidentemente, da quel mondo aveva avuto risposte positive, in termini economici e di qualità. Iniziò così il tempo della gare d’appalto.
Il mondo della cooperazione sociale non era preparato per affrontare sistematicamente le gare d’appalto.
No, infatti. Vennero messi a bando ogni tipologia di interventi e di servizi. La PA fece gare anche per 3mila Euro e implicitamente cercava di perseguire anche il principio di rotazione per evitare la “reiterata presenza degli stessi soggetti”, una direzione che venne data allora da Raffaele Cantone, il magistrato che dal marzo 2014 all’ottobre 2019 fu presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.
Fu una rivoluzione.
Non è stato semplice adattarsi: ogni cooperativa ha dovuto strutturarsi per affrontare le gare. Anche noi come CSR oggi abbiamo un ufficio gare che mettiamo a servizio delle cooperative associate. Da quella difficoltà, secondo me, ne stiamo uscendo adesso anche se, vista la crisi determinata dal Covid-19, sembra si stia tornando a parlare di affidamento diretto, di snellimento nelle procedure degli appalti. Se accadrà, mi auguro che venga coinvolta anche la cooperazione sociale.
Quattro anni fa evidenziava anche il tema della fusione tra le cooperative sociali, come tendenza quasi necessaria per le medio piccole cooperative, vista l’evoluzione e la strutturazione del mercato del lavoro. Oggi?
La dinamica è ancora in atto. Il tema della fusione tra cooperative è ben presente soprattutto in alcuni ambiti lavorativi, quelli che richiedono maggior strutturazione, ad esempio i servizi di igiene ambientale. In questi due mandati da presidente che ho vissuto dentro il CSR in particolare nell’ultimo ho assistito a diverse fusioni, tra cui anche quella da cui è nata la mia cooperativa, la Coop134 (nata dall’unione tra Ecoservizi L’Olmo e Nel Blu, ndr.). Non sono mai percorsi semplici, ci sono difficoltà anche legittime.
Da cosa vengono determinate queste ‘resistenze’ alla fusione?
Le cooperative sociali nascono spesso dall’idea di chi si trova coinvolto in prima persona nel tema della disabilità, per motivi famigliari, per amicizia. Quindi quando una cooperativa prende vita spesso non ha una visione imprenditoriale, ma si trova ugualmente molto coinvolta nel sociale. Questo per ovvi motivi ha vincolato le cooperative a desiderare di essere fedeli alla propria identità, che non vogliono perdere. Ultimamente devo dire però che i cooperatori sociali si sono convinti che la fusione è un percorso obbligato, da valutare con attenzione. Dall’altro c’è resistenza da parte della base sociale, dovuta a questa identità che hanno paura di perdere.
Parliamo del CSR. Quindici anni di governo, prima da vice presidente e poi da presidente. Un bilancio?
Nel momento del mio primo insediamento come presidente è scoppiato il caso di ‘Mafia Capitale’ e trovo un CSR che, dopo quasi 18 anni di vita, ha sempre operato nell’ambito del territorio che lo ha espresso, ovvero la provincia di Rimini. Il Consorzio è una macchina rodata, con una dinamica di equilibri interni estremamente funzionale alle sue necessità. Aderivano al CSR 12 cooperative, oggi sono 53; prima tutte riminesi, oggi molte sono di Area Vasta (Ravenna, Cesena, Forlì). La gestione è più complessa, i rapporti da coordinare sono molti.
Si sente quindi soddisfatto dei risultati conseguiti.
Molto. Sono contento di questa crescita e del modo in cui si è svolta, perché l’operazione Area Vasta è stata non solo positiva, ma necessaria, fatta in modo trasparente da parte del Consorzio, con grande apertura – porte aperte davvero – alle cooperative sociali delle altre province nel Cda. Abbiamo preso quel respiro di Area Vasta che oggi è la dimensione necessaria ad un Consorzio come il nostro.
Oggi l’allargamento è un dato di fatto, le cooperative aderenti sono 53. È complicato vivere tutti assieme ‘sotto lo stesso tetto’?
Ovviamente più siamo, meglio lo spazio deve essere distribuito per far posto a tutti. Maggiori sono le aspettative delle cooperative, maggiori sono le difficoltà per accontentare tutti. Non abbiamo però vissuto traumi particolarmente pesanti: momenti difficili ci sono stati, ma non abbiamo mai tentennato nel nostro percorso. Siamo sempre andati avanti nella direzione giusta e con l’appoggio di tutti i nuovi arrivati.
A fronte di questo incremento della base associativa, oggi il CSR si è dotato di un ufficio gare in grado di gestire una mole di lavoro documentale e relazionale incredibile.
C’è voluto un grande sforzo organizzativo per passare dalla quali totale inerzia dell’affidamento diretto al mercato libero e alla dimensione delle gare. Fino alla fine del 2014 l’affidamento diretto era la modalità del 90% delle attività svolte dal CSR attraverso le proprie cooperative: oggi la percentuale si è ribaltata, in favore delle gare. Siamo passati in sei anni dalle bozze di convenzione degli affidamenti alla complessa documentazione necessaria per partecipare alle gare. Ma avevamo subito capito che ci sarebbero state soltanto gare, d’ora in avanti.
È stato un cambio di mentalità notevole.
Sì, non lo nego. La PA pur non avendo la volontà di escludere la cooperazione sociale, anzi, avendone ancora bisogno, doveva comumque cambiare le modalità: appalti rigorosi, linee guida promosse dall’autorità di vigilanza.
Come avete consolidato l’ufficio gare?
Prima con una sola figura affiancata a Massimo Semprini, il Direttore Commerciale del CSR. Ad oggi abbiamo tre persone impegnate nelle gare, oltre a Semprini e Matteo Guaraldi, che da inizio 2020 ha affiancato il direttore. Questra struttura ha raggiunto queste dimensioni da un anno circa, per cui da fine 2014 ci abbiamo messo quattro anni per organizzare un ufficio capace di affrontare qualsiasi tipo di gara.
Un bene per il CSR, un bene soprattutto per le cooperative associate.
Sì. Possiamo affiancare le cooperative nella predisposizione delle gare: quelle più strutturate hanno già al loro interno fugure in grado di muoversi tra bandi e documenti vari; le più piccole e meno strutturate, con minori disponibilità, si trovano invece in grande difficoltà. Forse non sarebbero in grado di parteciparci per nulla, senza l’aiuto del CSR. Ma noi ci siamo anche e proprio per questo.
Quali sono i traguardi positivi dei suoi due mandati?
Tra le cose positive di questi due mandati vorrei sottolineare l’allargamento all’Area Vasta, che definisco un autentico successo successo; poi la strutturazione di un ufficio gare competente e preparato; infine, la capacità di aver affrontato quei momenti un po’ grigi con dinamismo e con la forza necessaria.
Alla fine del suo primo mandato lanciava l’idea di voler migliorare la rendicontazione sociale del lavoro delle cooperative del CSR. Come è andata?
Non sono soddisfatto: non siamo riusciti a lavorare come avremmo voluto. È vero, abbiamo fatto altre cose, soprattutto le gare, ma questo è soprattutto il limite del progetto. Penso che debba essere uno degli obiettivi del prossimo mandato, di chi guiderà il Consorzio.
Cosa intende per ‘rendicontazione sociale’?
Sono i numeri reali, dimostrabili, concreti, realizzati dalle cooperative sociali, che devono essere spesi poi nei confronti del pubblico. Dati scientificamente elaborati da promuovere ad alta voce. Fatturato, addetti, svantaggiati, risparmio per la PA, etc. etc. Inizialmente eravamo partiti su questa strada in collaborazione con una software house, per dotarci di strumenti informatici in grado di dialogare con tutti i sistemi gestionali delle varie cooperative. Questo era il primo passo a cui avrebbe dovuto far seguito l’identificazione all’interno delle singole cooperative di una figura capace di recuperare questi dati. Ma le cooperative sociali al momento sembra non abbiamo tempo, o voglia, o essere realmente in difficoltà nel fare questa raccolta dati.
Diamo uno sguardo al futuro del CSR. Partiamo da una ricognizione dello ‘stato dell’arte’.
Oggi esiste un Consorzio di Area Vasta che rappresenta quasi tutta la cooperazione sociale di tipo B di questo ampio territorio. Un Consorzio che si occupa di una moltitudine di servizi ed è in grado di soddisfare molteplici esigenze. Nel mondo dell’igiene ambientale, che è l’attività preponderante del Consorzio, si sta andando verso modelli di gestione e aggregazione delle società e delle cooperative che lavorano nel settore in modo diverso dagli anni precedenti. Stanno uscendo gare da Atersir per contratti che dureranno 15 anni. L’andamento di questa e altre gare avrà un impatto economico importante sulle cooperative sociali che svolgeranno quei servizi. Oltre a ciò è ancora in essere una vicenda importantissima e determinante che è quella dell’applicazione del contratto di riferimento per le cooperative sociali. Purtroppo le sentenze definitive non sono ancora uscite, perché i tempi della giustizia sono biblici. Da lì si capirà il futuro della coop sociale.
Che futuro sarà, quindi?
Il futuro del CSR è di attesa. Si deve impegnare al meglio in tutto ciò che fa e deve iniziare a diversificare rispetto alle attività, creare nel fatturato percentuali meno sbilanciate sui servizi ambientali. E poi per un attimo dovrà stare alla finestra e attendere gli eventi.
Se deve ripensare alla sua esperienza al CSR, di cosa è particolarmente lieto?
Sono contento di aver visto crescere il consorzio in Area Vasta con successo, cosa in cui non tutti credevano. Non credo sia dovuto a me, personalmente, ma al buon lavoro fatto da tutti in tutti questi anni. Siamo andati a fare la proposta alle cooperative di Ravenna e Forlì-Cesena con una storia – la nostra – alle spalle credibile, positiva, consolidata. Il merito va quindi alla storia del CSR. Sono molto soddisfatto della crescita del CSR stesso che, pur essendo una microstruttura, è cresciuto tantissimo. Massimo Semprini ha goduto di grandissima autonomia, perché era la cosa giusta da fare per poter lavorare con profitto, e ha avuto grande fiducia da parte dei dirigenti. Ho visto Semprini crescere notevolmente dal punto di vista professionale e credo che abbia acquisito un’esperienza importante.
C’è qualche rammarico personale, oltre al tema della rendicontazione sociale?
Non sono riuscito ad essere presente come avrei voluto. Di questo mi scuso con tutto l’apparato.
Che futuro vede per la cooperazione sociale in generale?
Non escludo che possa tornare una stagione di affidamento diretto. Perché secondo me, a causa di questa terribile vicenda del Covid-19, si sta ripensando al sistema dei servizi con logiche meno prevenute da parte della PA nei confronti delle imprese e delle cooperative. Questo Paese secondo me ha, nelle sue fondamenta, un atteggiamento prevenuto nei confronti delle imprese. Si pensa siano poco serie, solo attente ai profitti, capaci solo di sfruttano i lavoratori. La cooperazione sociale non concorda con questa visione. Confido ci possa essere quindi meno ‘timor panico’ ad affidare lavori alle imprese e, quindi, anche alle cooperative sociali.
Che sensazione ha rispetto all’impatto del Covid-19 sulle cooperative aderenti al CSR?
Non ho dati numeri specifici in merito, ma purtroppo alcune cooperative stanno vivendo questo periodo con grandissima difficoltà: azzeramento di servizi, personale in CIG in prima istanza ma che oggi non si sa più come integrare. Vedo poca chiarezza sulla ripresa e sulle reali azioni di sostegno da parte del Governo. Ci sono alcune realtà cooperative che ne usciranno a faitca e alcune temo non potranno uscire.
Uno sguardo al bilancio 2019.
Ci assestiamo ancora in crescita. Nonostante la ristrutturazione del Consorzio Sociale Romagnolo che ha visto la nascita di un importante ufficio gare, il costo per le cooperative associate è bassissimo e ne andiamo fieri. Il CSR resta una struttura leggera, che dà molto alle coop e pesa poco sui loro fatturati. Sono consapevole che, a causa dei tempi che stiamo vivendo, lascio al mio successore una prospettiva meno rosea, e mi dispiace molto. Ci sarà probabilmente una diminuzione di fatturato e qualche cooperativa in meno, ma son convinto nella bontà e nella forza della cooperazione sociale che, alla fine, sarà in grado di reggere l’urto di questa crisi dovuta alla pandemia.
24 luglio 2020