CSR: si chiude un altro anno positivo
Il rinnovo del contratto di lavoro, il ruolo della politica, il valore della comunicazione; l’aggiornamento sulla VIS-Valutazione dell’impatto sociale delle cooperative del CSR. E’ tutta una questione di identità. La nostra.
di Carlo Urbinati, presidente CSR-Consorzio Sociale Romagnolo
Il 2024 che stiamo per chiudere si attesterà sulla stessa linea del 2023 a livello di fatturato e di rinnovi contrattuali; e quindi il giudizio sul lavoro prodotto non può che essere assolutamente positivo.
Nell’affermare questo valore ci supportano anche i dati in via di completamento della VIS, la Valutazione di Impatto Sociale dell’azione delle cooperative associate al Consorzio che l’Università di Bologna sta elaborando da alcuni anni: proprio alcuni giorni fa, durante l’assemblea dello scorso 13 dicembre, i dati presentati ci restituiscono lo status di attore di primo piano a livello sociale ed economico.
Certamente ancora pochi lo sanno: impegnati in una quotidianità stringente, nella complessità dei contratti tra i quali le nostre cooperative si muovono, investiamo tutte le nostre risorse sulle persone, sostenendo costi e marginalità sempre più sottili per favorire l’inserimento lavorativo di persone con svantaggio, lasciando in secondo piano, ad esempio, la comunicazione.
Che invece ha un valore decisivo: ma nel 2025 infatti, con la presentazione pubblica dei dati della VIS, punteremo ad invertire la rotta per farci conoscere meglio. Le persone conoscono i servizi che facciamo? Io credo di sì: abbastanza. E la storia di chi li svolge? E il senso del movimento cooperativo? Forse no. Con il report sulla VIS confidiamo di poter iniziare a chiudere questo gap.
Nella quotidianità del nostro lavoro il dialogo con la pubblica amministrazione e i rappresentanti politici è attivo, vivo, ma siamo abituati, strutturalmente, a misurare le parole con i fatti: intanto il ‘tour elettorale’ che ci ha visti organizzare nella scorsa primavera decine di incontri con i candidati alle elezioni amministrative dei Comuni della Romagna e di due centri delle Marche è stato un successo, perché tutti hanno aperto le porte alla cooperazione sociale, riconoscendole il valore che merita.
Nel 2024 c’è stato l’importante rinnovo del contratto della cooperazione sociale che resterà valido fino a tutto il 2025: è stato dato ai lavoratori un aumento del 15% degli stipendi. Un costo che, a nostro avviso, il committente deve però riconoscerci: aumentare la qualità della vita dei lavoratori del mondo cooperativo è stato un passo giusto, in linea con l’aumento del costo della vita; ma se chi promuove i bandi non ci aiuta a sostenerlo, questo genera delle sofferenze importanti. Ci sono enti pubblici, lo sappiamo, che sono più ‘sordi’ a questa richiesta.
E se le cooperative ‘soffrono’, soffre tutto il territorio. Se le cooperative iniziano a ‘saltare’, chi sosterrà il peso del welfare che al momento è sulle nostre spalle? Un esempio esplicativo: un aumento del 15% di fronte ad una marginalità del 2%, significa che la cooperativa, adesso, rimette il 13%. Dovremmo arrivare ad avere la forza per sottolineare che a queste condizioni non è più possibile andare avanti. Dobbiamo mettere in conto di perdere lavoro?, ma dietro ad ogni cooperatore c’è una famiglia. Queste evidenze qualcuno le nota? Staremo a vedere.
Il Consorzio, come detto in apertura, e le sue cooperative sono in salute. Ma i contratti e le sentenze che sono ancora aperte stanno mettendo in discussione il senso di ciò che facciamo: il fatto che il contratto della cooperazione sociale non venga sostanzialmente riconosciuto ci priva non solo di risorse, ma della nostra stessa identità. Ci viene chiesto insomma di ‘essere come gli altri’, come le altre realtà economiche.
In alcuni appalti sono già applicati contratti diversi da quello della cooperazione sociale. Sarà questo il futuro? E allora, che cosa resta della cooperazione sociale e del ruolo che svolge? Che valore viene dato dalle stazioni appaltanti, e dalla politica, agli inserimenti lavorativi di persone con svantaggio che è il core business del nostro operare quotidiano? Questa incertezza legislativa genera un senso di precarietà che si fa anche identitario, non solo economico.
La cooperazione sociale si muove in tantissimi ambiti, ma il nostro contratto non tiene mai: e allora, dove lo possiamo usare, se dovremo applicare sempre e comunque altri contratti a seconda dei servizi erogati?
Non è questo il nostro mondo. Non siamo nati per fare del business fine a se stesso.
Servirebbe una modifica legislativa nella quale si affermi che la cooperazione sociale può andare in deroga anche alla nuova legislazione: ma chi porterà avanti questa battaglia?
Nelle stesse associazioni si manifestano posizioni diverse, manca unitarietà. E dall’altro lato, la cooperazione è forse diventata ‘altro’ rispetto alle origini e quindi sconta il fatto che alcune cooperative siano diventate grandi aziende, e questo potrebbe aver iniziato “a dare fastidio”. Oggi non siamo più la cooperativa di città che dà lavoro alle persone del territorio, bensì realtà strutturate, che assommano migliaia di dipendenti, fatturati importanti, alcune addirittura su tutto il territorio nazionale.
Sono comunque fiducioso: abbiamo già vissuto tanti momenti difficili e confido che saremo in grado di superare anche questo, mettendocelo alle spalle. Abbiamo la forza dei numeri dalla nostra parte – come ci racconta la VIS. Ci sono migliaia di persone che dipendono dal nostro lavoro, e siamo consapevoli del valore del nostro impegno sociale. Le motivazioni non ci mancano. Nei decenni abbiamo dato speranza alla parte più in sofferenza della cittadinanza. Ma è triste veder naufragare un modello economico, quello della cooperazione sociale, che l’Europa ci invidiava e veniva a studiare.
Spero che la politica avrà il coraggio di sostenerci, aiutandoci ad adeguarci a questi nuovi tempi. E se il nostro destino sarà quello qui descritto – perdere la nostra identità e diventare una realtà al pari delle altre, mantenendo comunque l’impegno di inserire persone con svantaggio nel mondo del lavoro – allora useremo ‘altri’ contratti. E ci adegueremo. Andando avanti. Vedremo come: è un film ancora tutto da girare.
23 dicembre 2024