Carlo Urbinati, presidente CSR. Il punto sulla cooperazione sociale dopo un anno di pandemia

L’anno che si è appena concluso passerà alla storia.
In maniera diretta o indiretta, in famiglia o sul lavoro, il Covid-19 ci ha toccati tutti. Anche io ho personalmente attraversato questa faticosa esperienza, ma fortunatamente non ci sono stati casi gravi nella cooperativa che dirigo.
In questo scenario così inatteso e sorprendente – dalla rapidità della diffusione, la mortalità, le varianti, ora la corsa ai vaccini – la salute deve essere al primo posto di tutte le scelte e le considerazioni che facciamo. Poi ci sono gli aspetti economici, di cui dobbiamo tenere conto, necessariamente, passando da una “economia delle aziende” ad una “economia delle persone”.
L’impatto socio economico del Covid-19 è stato, ed è, devastante: i numeri nazionali e internazionali parlano da soli.
La cooperazione però ha resistito, facendo fronte unico. La gestione di servizi essenziali ci ha poi consentito di continuare a lavorare: pulizie, igienizzazioni, per esempio, portate avanti dai nostri operatori con abnegazione e rispetto delle normative vigenti in fatto di sicurezza. Cooperative che rappresentano un universo ricco, variegato: per questo di ‘storie’ che si potrebbero raccontare ce ne sono tante. Ci sono le coop che hanno anticipato la cassa integrazione, altre che hanno fatto ricorso alla liquidità, altre ancora che hanno bussato alle banche; c’è chi ha sofferto di più, come le coop del settore socio-educativo e soprattutto quelle del settore culturale; quelle dedicate ai servizi assistenziali, nei centri per anziani (RSA) o disabili, hanno invece combattuto la malattia sul campo. I fatturati, complessivamente, hanno tenuto e c’è stato anche chi ha saputo interpretare positivamente le necessità, proponendo servizi adeguati; inventandosi qualcosa di nuovo.

 

In questo scenario problematico e precario, i lavori sono stati fatti, le decisioni prese; la cooperazione si è fatta ‘smart‘, adeguandosi ai tempi: per esempio riunendosi in video conferenza; o riuscendo a reperire sul mercato i presidi di difesa personale – mascherine, guanti – che all’inizio della pandemia scarseggiavano ed avevano prezzi esorbitanti. Adeguarsi in nome della sicurezza è stata una necessità, un dovere etico e morale: ma ha avuto un costo importante.
Non sappiamo se tra qualche mese le saracinesche si dovranno abbassare per un nuovo lockdown: al momento, non ci sono avvisaglie, anche se quando ho scritto queste righe la Romagna si era appena ‘chiusa’ in zona rossa. In caso, nuove sofferenze saranno inevitabili.
A volte mi sembra di vivere in un mondo nuovo, o addirittura in un romanzo distopico, o di fantascienza. Mio padre, che ci ha lasciati pochi anni fa, pur avendo attraversato una guerra mondiale, un’esperienza così non l’ha mai vissuta. Conviviamo in spazi più stretti, con possibilità e scelte limitate: è una enormità di cui ancora non possiamo cogliere la portata, di cui non ci sono ‘letture’ certe. Oggi confidiamo nel vaccino, ma abbiamo un virus che continua a mutare. È una rincorsa, una speranza: che tutto questo sia superabile. Non voglio al momento pensare se tutto ciò dovesse durare per altri anni…
In questo quadro fluido e incerto, la cooperazione sociale continua a difendersi positivamente: come CSR non abbiamo registrato particolari sofferenze, abbiamo anzi tenuto ferma la nostra mission, continuando a promuovere gli inserimenti lavorativi di persone svantaggiate. E il 2021? Le difficoltà sono oggettive, ma credo che il nostro mondo cooperativo potrà attraversarlo senza eccessivi scossoni. Buon lavoro a tutti!

Carlo Urbinati, Presidente CSR

9 aprile 2021


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