Carcere e dintorni. Come cambia il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) nel suo rapporto con il carcere e la pena. Gli esiti del seminario formativo promosso da Legacoop Romagna

Dopo lo sfiorire dell’ipotesi pesantemente sanzionatoria dell’Unione Europea, l’approvazione di leggi mirate a sfoltire la popolazione detenuta e la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi sulle droghe nella parte relativa alla cannabis, tutto sembra essersi attutito. Queste leggi consentono ma non preparano l’uscita dal carcere, limitandosi a registrarla. Non vorremmo venisse persa la grande grande opportunità di un piano di reinserimento dei detenuti giovani e adulti in un contesto attento ai lori problemi individuali, famigliari e sociali. Ecco allora la necessità di rendere quelle idee progettuali contenute nei protocolli Regionali dei progetti concreti. Sono pronte le nostre comunità a riscrivere i propri modelli di accoglienza, a costruire sensibilità e progetti territoriali diversi? Quali le esperienze già esistenti su cui riflettere? Su questi temi si è riflettuto in un Seminario formativo promosso da Legacoop Romagna che si è tenuto il 27 e 28 maggio 2015. a Rimini Di seguito una sintesi delle due giornate a cura di Cecco Bellosi, scrittore e coordinatore gruppo tematico nazionale carcere Cnca.

Le due giornate di intenso lavoro, alle quali ha preso parte, tra le altre, la cooperativa Cento Fiori (impegnata presso la Casa Circondariale ‘Casetti’ di Rimini e anche con altre attività per la promozione del reinserimento degli ex carcerati nella società) hanno prodotto idee e proposte in merito al rapporto tra comunità e carcere; alla necessità di misurarsi sul territorio con le nuove misure alternative, a partire dalla messa alla prova estesa dai minori agli adulti; all’inizio di un confronto sui temi di giustizia riparativa; alla verifica della situazione dei protocolli regionali. Il laboratorio promosso da Legacoop Romagna è stato produttivo grazie alla qualità delle relazioni delle persone invitate, alla capacità innovativa delle esperienze in campo e alla volontà di partecipare alla costruzione di nuove strategie relative alla pena e al carcere.

Per quanto riguarda il rapporto tra comunità del CNCA e carcere, si sta osservando un forte cambiamento in atto, in cui un numero sempre più alto di realtà si sta misurando con le prigioni e con la capacità di costruire nuovi progetti. Particolarmente significativo è che le esperienze d’avanguardia vengano da realtà come la Rupe di Sasso Marconi (Bo), che su questi temi sta affrontando un vero e proprio cambiamento del paradigma dell’accoglienza condizionata; o come il centro diurno di Comunità Nuova a Milano; o come le proposte delle nuove forme di accoglienza del CNCA in Regione Basilicata. Solo per fare alcuni esempi significativi. Ne sono scaturite la necessità di vedersi almeno due volte all’anno e l’opportunità di un ampliamento della partecipazione al gruppo carcere: da questo punto di vista, è importante che la mailing list dei partecipanti al laboratorio di Rimini diventi parte integrante di quella del gruppo carcere.

Sulle nuove misure alternative, c’è un’idea diffusa di essere parte attiva nell’accompagnamento ai percorsi delle persone sottoposte alla messa alla prova. Il rischio, infatti, è quello che la misura rimanga solo uno degli interventi deflattivi sulla popolazione carceraria, senza la costruzione di un rapporto virtuoso con il territorio, chiamato a diventare non solo il luogo, ma un fattore determinante della comunità riparativa. È importante, infatti, che cominci a radicarsi l’idea che la giustizia riparativa non è qualcosa in più di quella retributiva o trattamentale, ma un modo diverso e condiviso con le comunità territoriali di affrontare la questione della pena.

Per quanto riguarda invece i punti critici, rimangono in particolare i protocolli inattuati tra ministero e regioni, la mancata convocazione del CNCA ai tavoli sugli stati generali della pena promossi dal Ministero della Giustizia e alcune difficoltà nel rapporto tra magistratura di sorveglianza e comunità territoriali. Da ultimo rimane il carcere, che rischia, a fronte delle positive misure di sfollamento, di diventare il luogo dimenticato dei cronici, dei diseredati e dei trattamenti degradanti e disumani come l’articolo 41 bis. I carcerati, e non solo chi può uscire dal carcere, rappresentano una fragilità di cui il CNCA si deve continuare a occupare.


Comments are closed.