Passato e futuro del CSR: intervista a Gilberto Vittori, riconfermato presidente

La fine dell’affidamento diretto in favore delle gare, l’allargamento della compagine sociale all’area vasta e la sfida per la conservazione del contratto della cooperazione sociale.

È iniziato lo scorso maggio il secondo mandato per Gilberto Vittori, vice presidente di Coop134, alla guida del Consorzio Sociale Romagnolo. Un nuovo triennio che si apre con la rielezione unanime di presidente e vice presidente, con l’allargamento del Cda del CSR e con l’approvazione, sempre all’unanimità, del bilancio 2016. Segnali positivi, all’insegna della continuità. Con il presidente Vittori tracciamo il bilancio del lavoro del CSR e gettiamo uno sguardo sulle sfide che la cooperazione sociale ha di fronte negli anni a venire.

Presidente Vittori, che bilancio può tracciare dei primi tre anni del suo mandato?

Dal punto di vista macroscopico, nel triennio appena concluso abbiamo vissuto la storica modifica del rapporto tra la cooperazione sociale e il mondo della pubblica amministrazione. Per oltre venti anni c’è stato un rapporto positivo, dialogante, che ha visto l’applicazione puntuale della Legge 381/91, anche attraverso l’affidamento diretto. In questo triennio invece c’è stata una ‘rivoluzione copernicana’.

Cosa è cambiato nello specifico?

In un lasso di tempo brevissimo siamo passati da una modalità di acquisizione di servizi e lavori ad un’altra, del tutto differente: partecipare a gare molto articolate e complesse, dove la pubblica amministrazione è molto attenta alla formalità di applicazione di norme molto stringenti che mettono molto in difficoltà la cooperazione sociale.

Norme come il principio di rotazione?

Questa è una di quelle: il principio della rotazione delle cooperative – ovvero, una cooperativa non può, in maniera continuativa, svolgere lo stesso servizio per conto di un ente pubblico – stride con il modello della cooperazione sociale, che vede la propria presenza radicata in uno specifico ambito territoriale, improntata ad una modalità di scambio, rapporto costruttivo, addirittura partnership con la Pubblica Amministrazione. Inoltre la rotazione mina l’efficacia del processo di inserimento lavorativo delle persone svantaggiate che vengono, in pratica, ‘sballottate’ da una cooperativa all’altra.

Qual è lo stato di salute della cooperazione sociale?

La cooperazione sociale ha rischiato grosso e ci troviamo ancora in una situazione di incertezza. E penso in particolare alle piccole cooperative, quelle meno strutturate, nate per svolgere, in maniera funzionale, servizi e piccole attività proprio per dare risposta ad alcuni casi locali. Queste cooperative hanno realmente svolto un ‘servizio sociale’ e sono adesso molto a rischio.

Diverse cooperative si sono fuse, altre ne stanno ‘studiando’ la fattibilità. Come vede questo processo?

Sì, è un fenomeno piuttosto diffuso. Diverse cooperative hanno iniziato a valutare la possibilità di fusioni, di contratti di rete, soprattutto per un tema dimensionale: in molti casi, infatti, la cooperazione sociale soffre di un dimensionamento ridotto. Prima, le dimensioni non erano un problema. Oggi le gare e le condizioni cogenti delle gare impongono strutture diverse da prima.

Il Consorzio Sociale Romagnolo, nell’ultimo triennio, ha mantenuto il fatturato, che è cresciuto ancora.

Confermo. Per mantenere il fatturato nel triennio appena concluso il CSR ha dovuto però raddoppiare i costi amministrativi, strutturando un ufficio gare. Siamo stati, a mio avviso, rapidi nel riorganizzarci. Questo non significa che non ci siano stati problemi: qualche servizio e qualche contratto l’abbiamo perduto, ma altri ne sono arrivati.

Nel triennio 2014-2017 il CSR si è affacciato all’Area Vasta, aprendosi all’ingresso di nuove cooperative anche di altre province: Forlì/Cesena e Ravenna su tutte. Come valuta questo processo?

L’altra grande vicenda che il Consorzio ha vissuto nell’ultimo triennio è stato l’allargamento all’area vasta: un’operazione non scontata. Oggi il CSR è riconosciuto ed accreditato come Consorzio per quanto riguarda la cooperazione di tipo B di area vasta. Il fatturato che abbiamo espresso, pertanto, tiene conto anche di queste nuove cooperative che sono entrate nella compagine associativa.

Che ruolo avete giocato per le cooperative

Siamo stati, ritengo, di stimolo e pungolo: è diminuito il nostro ruolo politico, anche a fronte della nuova modalità di affidamento dei servizi, ma siamo stati di grande supporto per aver saputo costituire un ufficio gare a supporto di molte cooperative che avrebbero invece avuto difficoltà ad affrontarle. Oggi le gare comprendono una serie di adempimenti burocratici che vanno svolti in modo puntuale e con grande attenzione.

La riconferma ai vertici del CSR come la fa sentire?

Fa sempre piacere, perché vuol dire che la base sociale riconosce il lavoro fatto come ‘un buon lavoro’. E personalmente penso che questo secondo mandato sia il naturale completamento del primo: tre anni non sono sufficienti per sviluppare programmazione e lasciare la nostra impronta. Nei ‘primi’ tre anni c’è stata, come dicevo all’inizio, una rivoluzione, ma abbiamo creato un consorzio di area vasta: ora è il momento di consolidare questo ruolo di rappresentanza della cooperazione sociale di tipo B in area vasta.

Come pensate di consolidare questo ruolo?

Applicando le regole interne al CSR, a cui stiamo mettendo mano. Le esigenze e le visioni si sono modificate, ci sono nuove cooperative e quindi ci siamo rimessi in discussione. Non è un percorso banale, ci stiamo lavorando già da un anno. Ma è questo il lavoro che dobbiamo fare per il futuro.

Tra gli obiettivi del suo mandato, ne dica uno a cui tiene particolarmente.

Mi piacerebbe riprendere in mano quello che era nei programmi di inizio del primo mandato: sviluppare una metodologia di rendicontazione sociale più dettagliata.

Questo a cosa porterebbe, secondo lei?

Questo consentirebbe di rendere il ruolo del CSR più autorevole e garantirebbe alle cooperative sociali la capacità di rendicontare puntualmente il valore del proprio lavoro ai propri portatori di interesse, all’opinione pubblica, alla Pubblica Amministrazione.

Il contratto di lavoro della cooperazione sociale è stato recentemente messo in discussione: cosa ne pensa?

Sono molto preoccupato. I sindacati lo mettono in discussione: in certi settori, come quello dell’igiene ambientale, ci chiedono di applicare contratti specifici del settore, in questo caso, ambientale. Il contratto della cooperazione sociale consente di fare molte attività applicando un unico contratto: quello che sta emergendo, invece, è la volontà di applicare ai vari servizi della cooperazione sociale il contratto specifico di quel settore. I sindacati dei lavoratori ci stanno ‘attaccando’ e ora siamo in fase di rinnovo contrattuale: il tavolo è stato convocato, ma i lavori sono in stallo perché non si vuole mettere mano al contratto per la cooperazione sociale di tipo B.

Cosa potrebbe accadere?

Se passasse il principio generale, dovremmo stracciare il contratto della cooperazione sociale. Questo porterà a un nuovo problema: come gestire tanti contratti in un’unica cooperativa? La cooperativa è multi servizi per natura, non può applicare, per esempio, otto contratti e non si possono fare sinergie. Un cooperatore che svolge più mansioni, ha più contratti?

E le cooperative di tipo A?

Se quel principio passa, lo dovranno applicare, immagino, anche le cooperative di tipo A. Sarà un procedimento a cascata: si parte dell’igiene ambientale e poi via tutti gli altri servizi.

La cooperazione sociale è a rischio come ‘realtà’?

È presto per dirlo. Ma essere legittimati ad applicare il proprio contratto è importante. Non sto parlando di parte economica, ma solo di contratto. C’è una situazione di grande tensione, ripeto: siamo in fase di rinnovo contrattuale, il tavolo è in stallo, ci sono diversi ricorsi a TAR sulla vicenda di applicazione dei contratti. È un momento giuridico importante per il contratto cooperativo sociale del tipo B.

Riccardo Belotti, 12 luglio 2017


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