Intervista a Maura Morelli, Presidente della Cooperativa Il Pino. ‘Gare al massimo ribasso: le cooperative sociali contano poco’

[26 aprile 2016]

Le gare al massimo ribasso, anche se riservate alle cooperative sociali, sono un uno strumento che lede alla dignità delle persone che, attraverso questi bandi, potrebbero essere inserite nel mondo del lavoro”. È questo il punto di partenza sulla base del quale Maura Morelli, Presidente della Cooperativa Sociale Il Pino di Alfonsine, riflette in questa intervista sul rapporto tra enti e cooperative sociali.

Maura Morelli, facciamo un passo indietro: qual è il rapporto attuale tra pubblica amministrazione e cooperazione sociale, secondo lei?

Dopo oltre vent’anni di lavoro nella cooperazione sociale, mi sembra evidente che non siamo stati capaci di incidere nel tessuto sociale che ci cirdonda, né di costruire una reale consapevolezza rispetto al valore aggiunto che le cooperative sociali hanno. Tutte le amministrazioni pubbliche, infatti, confermano la loro solidarietà verso le cooperative sociali ma ora, in questo momento nel quale si renderebbe più necessario la loro incisività nelle scelte politiche verso queste realtà, abbiamo purtroppo dovuto constatare che questo ‘salto culturale’ non è stato fatto.

In che senso?

Non si ha la minima idea di cosa sia una cooperativa sociale, di cosa faccia, di cosa abbia bisogno. Esiste solo la necessità da parte del pubblico di risparmiare, e le esternalizzazioni vengono così affidate a gare al massimo ribasso. Ma così facendo, che valore diamo alla dignità lavorativa di persone diversamente abili? Che valore diamo alla conquista della loro autonomia? La cooperazione sociale non è la linea a basso costo di un supermercato.

Qual è lo scenario che state vivendo rispetto alle gare?

Le pubbliche amministrazioni pubblicano bandi di gara, anche se sempre di meno, riservati alle cooperative sociali di tipo B, ma poi aggiungono come unico criterio di assegnaizone il ‘massimo ribasso’. Ma questo non è sufficiente se realmente si vuole aiutare lo sviluppo delle vere cooperative sociali.

Non sono sufficienti quindi le ‘gare riservate’?

No, purtroppo: ci siamo resi conto che troppo facilmente si ottiene il titolo di cooperativa sociale di tipo B. E che questo significa poi scontrarsi con realtà nelle quali non riscontriamo ne’ inserimento lavorativo, ne’ mutualità prevalente.

Torniamo sul tema del massimo ribasso: in questo modo la PA può fare delle economie e poi investire altrove.

Questo è vero, ma così dimentichiamo che se sono costretta a partecipare ad una gara per vincere la quale devo proporre un ribasso così forte da lavorare in perdita

Tutta colpa della PA?

No, certo. Mi rendo conto, parlando con funzionari e amministratori, che si stanno muovendo in un mondo che non conoscono e che sono “pressati” da norme che variano velocemente, che non sono chiare e spesso mancano di indicazioni sull’applicazione.

Cosa chiedete alla PA?

Non chiediamo affidamenti dirette: ma chiediamo di poter partecipare a gare nelle quali sia possibile mettere in luce il nostro valore aggiunto. Chiediamo di avere la possibilità di presentare il nostro progetto e che si effettuino i controlli sul quello che effettivamente viene dichiarato da tutte le cooperative che partecipano alle gare. Sono ‘vere’ cooperative? L’inserimento lavorativo è reale? Hanno i mezzi per fare il lavoro che dicono di saper fare?

Qual è il vostro obiettivo?

Il nostro obiettivo non è il lavoro, che è in realtà un mezzo; il nostro obiettivo è l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Quante persone sarebbero a carico dello stato se non potessimo svolgere la nostra funzione di welfare? Quante persone hanno trovato o ritrovato l’orgoglio di essere produttive, di essere parte attiva del mondo produttivo anche se con diversità? Non dobbiamo perdere questo patrimonio. I nostri “ragazzi” non lo meritano.


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