Clausole sociali negli appalti pubblici del Comune di Rimini: 61 le persone già inserite grazie al Nuovo Regolamento
Intervista esclusiva all’Assessore alla protezione sociale, Gloria Lisi
Sono già 61 le persone che hanno avuto una possibilità di impiego grazie alle clausole sociali inserite dal Comune di Rimini nei suoi appalti pubblici: uno strumento utile, attivo dal 2013, che coniuga l’interesse pubblico per l’acquisizione di servizi con l’interesse pubblico più generale, ovvero l’inserimento lavorativo di cittadini svantaggiati per realizzare quegli stessi servizi oggetto di bando. Dall’ausilio nelle mense e nelle cucine scolastiche, dall’affissione dei manifesti alla custodia dei centri sportivi, dall’accompagnatore sugli autobus fino gli ausili in uffici.
Il nuovo Regolamento ha permesso quindi di esigere dalle stazioni appaltanti l’assunzione di soggetti svantaggiati appartenenti alle categorie segnalate dall’Ente Locale per un ammontare minino del 15% del monte ore complessivo necessario all’espletamento del servizio a Bando. Finora la percentuale di ore messe a disposizione dalle Ditte aggiudicatarie è stata pari al 25%, permettendo alle ditte di prendere un punteggio più alto in fase di gara. Il punteggio relativo alla clausola sociale, per regolamento, corrisponde a 2/5 del punteggio previsto per l’offerta tecnica, e rappresenta quindi un punteggio strategicamente importante che spinge l’impresa concorrente a presentare dei progetti di inserimento lavorativo di qualità.
Approfondiamo l’argomento con l’assessore alla protezione sociale del Comune di Rimini, Gloria Lisi.
Ass. Lisi, come giudica l’applicazione del regolamento in questo primo periodo?
Molto bene, è uno strumento trasversale che ci permette di inserire in percorsi che io chiamo di autonomia molti cittadini che si rivolgono ai servizi sociali. Il valore aggiunto risiede proprio nel progetto di inserimento lavorativo vero, in cui Comune e Cooperative facilitano un percorso che però va fatto dalle persone. Si tratta di contratti a tempo indeterminato veri, non di progetti una tantum o tirocini. La differenza è sostanziale, per arrivare a questo risultato è stato importante lavorare di concerto con Ausl, mondo della cooperazione e del lavoro. Dal 2013, primo anno di applicazione, siamo cresciuti regolarmente anno dopo anno, e vogliamo continuare a farlo.
Quali prospettive future ha in mente per questo strumento?
L’idea è quella di allargare il potenziale di questo strumento, almeno, a tutti i servizi del Comune di Rimini e alle aziende partecipate. Per questo abbiamo già avviato sia un percorso interno, con i dirigenti, sia con aziende come Anthea, Hera, Amir e via dicendo. Sono tanti gli ambiti potenziali: dai servizi di cura del verde al decoro pubblico, dalla cultura allo sport, per citarne solo alcuni.
Chi ha usato il regolamento fino ad ora?
Sono 61 al momento gli inserimenti: in particolare, a causa della specificità delle gare d’appalto, rivolte a servizi nelle scuole materne, si è data ampia risposta alla categoria madri sole e alle donne over 55; Categoria che, grazie a questa particolare tipologia di intervento, ha ricevuto una risposta dei servizi pari al 100%, essendo al momento tutte occupate in questi percorsi che si sono conclusi con un contratto a tempo indeterminato.
Come hanno vissuto, queste persone, questa opportunità?
Sono persone che, grazie al lavoro, si sono rimesse in piedi dopo un momento transitorio di difficoltà, tornando autonome. Il lavoro spesso è quel tassello spartiacque tra una ritrovata autonomia ed una procrastinata dipendenza. Le madri sole, in particolare, hanno avuto le risposte migliori. Grazie al lavoro, che conservano tuttora, sono tornate autonome. Una grande soddisfazione per loro ma anche, credete, per tutti noi che ci lavoriamo.
Come valuta l’operato delle cooperative di tipo B e delle altre aziende che hanno inserito soggetti svantaggiati?
Ottimo: se si pensa infatti che anche una multinazionale a livello internazionale come la Dussmann, per aggiudicarsi l’appalto delle mense delle scuole riminesi, ha dovuto prendere l’impegno di lavorare fianco al fianco delle nostre cooperative sociali locali per la fornitura di alcuni prodotti o servizi, ci si rende conto della reale portata di questo strumento. Il risultato è che, oltre a sviluppare il lavoro delle coop sociali di tipo B, che per statuto lavorano già con personale di categorie protette, si è favorito l’impiego di ulteriori persone svantaggiate, seguite dai nostri servizi sociali. Un esempio concreto di come il sociale possa anche produrre economie e lavoro, una prospettiva di welfare dunque radicalmente nuova rispetto ai vecchi modelli assistenzialistici.
11 dicembre 2019