Cento Fiori. Il ricordo di Sergio Semprini Cesari, pioniere della lotta alla droga riminese, tra i fondatori del modello Comunità Terapeutica di Vallecchio

di Enrico Rotelli

Il mondo riminese della lotta alle dipendenze, e con esso la Cooperativa Sociale Cento Fiori, ricorda Sergio Semprini Cesari, scomparso in estate, uno dei perni intorno ai quali si sono create tutte le politiche di prevenzione e di lotta alla droga dalla fine degli anni ‘70 ad oggi. Sociologo, dirigente del Cmas, prima denominazione del Servizio Tossicodipendenza dell’allora Azienda Usl Rimini Nord, ha portato il suo attivismo fuori dall’ambito sanitario per farlo approdare nella cosiddetta società civile. Gettando le basi per la nascita della Cooperativa Sociale Cento Fiori prima e della Comunità di Vallecchio poi. Una storia lunga circa quarant’anni di impegno sanitario, politico, sociale che ha permeato profondamente la storia di Rimini […].

Il suo impegno sociale viene dal 1968. Leonardo Montecchi, psichiatra del Sert e collega da decenni, lo ricorda come «una persona molto attiva e passionale, appassionato di musica, di tendenze giovanili, appassionato al lavoro che faceva: ci credeva ciecamente. Dopo la riforma sanitaria si è occupato sia del Consultorio sia del servizio dipendenze, che si chiamava Cmas. Con la sua spinta è riuscito a creare un clima di interesse, per cui le persone venivano, sentivano che c’era questa volontà di cambiamento e di fare, percepivano un agire completamente antiburocratico».

Montecchi ricorda che Semprini Cesari «era un esponente importante del Pci della sezione Nicolò – Tre Martiri. Organizzò un Festival dell’Unità a Marina centro con un concerto memorabile del jazzista di fama mondiale Cerri. […]. Ricordo i libri che abbiamo fatto insieme, il primo è Rimini una città contro la droga, e poi Cambiare. Il modello operativo del Sert di Rimini, con Massimo Ferrari».

Nel 1980 non si parlava ancora di Sussidiarietà. Il tema della droga si giocava su due ambiti separati. Da una parte i servizi pubblici, dall’altra le comunità terapeutiche. Questo modello però viene messo in discussione proprio a Rimini, con il Cmas di Sergio Semprini Cesari in prima fila. […]

«Avevamo capito che Rimini non si rendeva conto di cosa stava succedendo – ricorda Leonardo Montecchi, psichiatra all’epoca in forza al Cmas insieme a Sergio Semprini Cesari e Massimo Ferrari, ora al Sert – alla fine degli anni ’70 arrivava al Centro per curarsi un sacco di gente, eravamo pochi e con pochi mezzi». «C’era un movimento di massa che spingeva per trovare soluzioni al problema droga diverse da quelle esistenti – dice Werther Mussoni […]».

Il Cmas, con Sergio Semprini Cesari e il gruppo di lavoro che si era formato intorno a lui, per tenere sotto controllo il fenomeno e per arginare l’eroina, accentra su di sé la distribuzione del metadone, distribuendolo come terapia. Nel centro di via Bonsi non si distribuisce solo metadone. Si fa attività di Centro Diurno con i pazienti, le loro famiglie. Il comitato genitori, l’assemblea degli utenti e gli operatori stampano volantini, pubblicano la rivista «Giù la maschera» e il giornale «Centolire». Per completare questo modello riminese, all’ambulatorio e al centro diurno manca la terza struttura, la comunità. È attraverso quella che si può completare il lavoro sui pazienti, distogliendoli dal richiamo della «piazza». Dentro al Cmas nasce la cooperativa Cento Fiori, primo presidente il dottor William Raffaeli, pochi mesi dopo prende il suo posto Werther Mussoni. Ma “una cooperativa non poteva essere una risposta – dice Mussoni – sì, c’era qualche attività artigianale, ma avevamo bisogno di una struttura che “troncasse” con la piazza».

Sergio Semprini Cesari cercò tra i terreni pubblici e trovò il podere Fonte a Vallecchio, che era dell’ospedale Fantini di Montescudo. Cominciammo un’operazione per mettere d’accordo tutti, Circondario (l’equivalente istituzionale della Provincia di oggi) e Comuni volevano una comunità di tipo pubblico, gestita da un privato cooperativo. Occorreva convincere Montescudo a «mollare» e lo fece in cambio di un servizio di trasporto scolastico e una nuova destinazione per l’ospedale. «E mentre la trattativa tra le istituzioni procedeva – ricorda Mussoni – per stimolare enti locali e burocrazia occupammo il podere e iniziammo i lavori». Il 23 maggio del 1984 firmarono la convenzione i Comuni di Montescudo, Rimini e la cooperativa. […]

«Era un grande appassionato di mare – ricorda Montecchi – si è battuto per la nascita del progetto Ulisse, per restaurare la goletta Catholica e per farne un progetto che potesse coinvolgere le persone che stavano in comunità, evidenziando come un gruppo nella barca potesse essere uno strumento terapeutico». Un progetto che continua tutt’ora con le crociere terapeutiche, anche se con altre barche. Ma andava anche oltre il progetto Ulisse: «aveva creato un equipaggio con i ragazzi della comunità terapeutica di Vallecchio – ricorda Mussoni – e con loro sul Chicaboba II aveva fatto la regata Rimini Corfù Rimini, organizzata dal circolo Velico Riminese». «Lui era così – dice Montecchi – questo spirito di libertà che trasferiva alla persone. Penso che c’era una identificazione nel nome che aveva dato al progetto, Ulisse, con il suo personaggio».

Vallecchio, oggi

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13 settembre 2019


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