Alfio Fiori: “Inserimento lavorativo e territorialità restino al centro del nostro progetto”. Cooperazione sociale: il futuro all’insegna di coprogettazione e coprogrammazione

Una vita spesa nel terzo settore: Alfio Fiori, oggi attivo per la CCILS di Cesenatico, è vice presidente del CSR dal 2020. In questa intervista ci presenta la sua visione sullo stato dell’arte della cooperazione sociale, riflette sul ruolo dell’ente pubblico, evidenza problematiche e dinamiche. Scommettendo tutto sui giovani: “Sono loro la speranza, perché hanno messo al centro il NOI”

Alfio Fiori, analizzando il mondo della cooperazione sociale: qual è la sua lettura del momento storico che essa sta vivendo?

Leggendo la realtà del nostro lavoro e della società in cui operiamo, rilevo tre dinamiche che, a fine 2021, stanno arrivando a compimento.

La prima dinamica?

Il valore dell’inserimento lavoratico che è stato alla base della legge 381, negli ultimi anni si è un po’ perso.

In che senso?

A parole tutti sono attenti al valore dell’inserimento lavorativo, ma nei fatti sta prevalendo l’aspetto dell’economicità di una commessa. L’ente, l’impresa che ti affida il lavoro sa che coinvolgendo una cooperativa sociale c’è una produttività inferiore, perché vengono inseriti lavoratori che appartengono alle categorie dello svantaggio. Eppure nelle gare e nei bandi, l’attenzione al progetto economico è prevalente rispetto a quello tecnico o al welfare che viene generato dall’inserimento lavorativo.

La seconda dinamica?

La cooperazione sociale nasce come realtà che ha grande attenzione per il territorio in cui opera, sia a livello di inserimento lavorativo che sociale della persona che sta vivendo una situazione di fatica o di svantaggio. La persona che trova lavoro – e dignità – grazie alla cooperazione sociale, nonostante le ‘fatiche’ che hanno contraddistinto la sua vita, non va più a bussare ai servizi sociali. Diventa autonoma, ha un reddito.

Quindi?

Come dicevo prima, ci sono realtà che sono maggiormente orientate all’economicità della commessa, per le quali l’elemento della territorialità non rappresenta un interesse particolare. Una cooperativa che viene da un altro territorio guarda i volumi d’affari, non sempre riserva particolare attenzione alle dinamiche sociali dell’inserimento lavorativo.

Anche la modalità con la quale il bando o la gara viene elaborata ha la sua importanza?

Certamente. Se alla parte economica viene dato un rilievo maggiore rispetto alla componente tecnica, l’economicità diventa un discrimine decisivo. E quindi se per la cooperazione sociale il cuore di tutto è stato sempre l’inserimento lavorativo e la sua continuità negli anni, oggi i margini per operare sono diventati così risicati che molte cooperative rinunciano ad eseguire commesse. E’ sempre più frequente l’uscita di procedure con la formula “economicamente più vantaggiosa” con punteggi sul progetto molto importanti (tra il 70 e l’80%) ma che contengono formule economiche che nei fatti le trasformano in gare a massimo ribasso e che quindi chi fa lo sconto maggiore vince…

Terza dinamica?

La pandemia, e prima di essa la crisi economica, ha avuto un grande impatto sul territorio e sul mondo del lavoro. La cooperazione sociale ha tenuto e ha dimostrato il suo valore. Ma non neghiamo che stiamo vivendo un momento complesso in cui l’attenzione all’inserimento lavorativo è scivolata in secondo piano rispetto, come dicevo prima, all’economicità.

Che strascichi sta lasciando questo quadro che ha delineato?

Nelle nostre realtà produttive stiamo assistendo ad un cambio di tipo generazionale. Anche nelle persone che vengono a lavorare da noi quella spinta valoriale sembra si stia affievolendo, perché sta prendendo il sopravvento con forza l’elemento individualistico.

In che senso?

Oggi per inciso la spinta valoriale nel nostro mondo è ancora molto forte. Però c’è una corrente che spinge a guardare prima a se stessi che agli altri. Prima io, poi la cooperativa, le altre e gli altri. Voglio dire che anche il tema della solidarietà, in un contesto sociale più faticoso, a volte trova poco spazio. Quando è terminato il lockdown, che aveva avuto come effetto positivo quello di risvegliare un comune senso di appartenenza, tutto è tornato piano piano come prima. Anche dal punto di vista sociale, per esempio, la forbice tra persone abbienti e poveri si sta allargando. La riforma fiscale proposta oggi dà un innegabile vantaggio al ceto medio, non a chi fa più fatica.

Dal punto di vista del lavoro, quali altri dinamiche legge all’interno della cooperazione sociale?

C’è un altro fattore importante che riguarda l’età anagrafica: l’invecchiamento. Nelle persone che lavorano in cooperazione sociale, per via delle rispettive ‘fatiche’, hanno un invecchiamento più precoce. Trovare oggi persone che vengono a lavorare per svolgere impegni gravosi, faticosi, è più difficile, specialmente se guardiamo ai picchi stagionali estivi.

Gli stranieri possono sopperire a questa situazione?

In realtà non lo sappiamo. I flussi migratori di chi viene dall’estero per svolgere lavori stagionali sono fermi, anche a causa della pandemia. Penso ai braccianti agricoli provenienti dal Mahgreb, che arrivano con permessi di lavoro regolari: con le frontiere chiuse non sono potuti venire. Ci chiediamo cosa farà lo Stato, programmerà i flussi? Altrimenti chi verrà a svolgere i lavori più faticosi? Lo spazzamento, i servizi di raccolta rifiuti, la manutenzione del verde, sono usuranti. E ci sono sempre meno persone che li vogliono fare.

Lei ha sempre insistito molto, e giustamente, sul tema della regolarità del lavoro della cooperazione sociale.

La cooperazione sociale “lavora” e non fa “volontariato”. Questo lo dico perché i nostri lavoratori vengono retribuiti regolarmente, sono tutelati e devono poter vivere del proprio lavoro, con stipendi equi. All’interno del terzo settore c’è una bella differenza tra chi fa impresa, come noi, e chi fa volontariato: i servizi non si fanno con il volontariato. Per esempio, io sono parte attiva di un progetto di volontariato in Alta Val Marecchia. E mi impegna nel mio tempo libero: è volontario, non è retribuito. Non è lavoro mascherato da volontariato. Questa è una deriva su cui esiste il rischio di cadere.

Come se lo aspetta, quindi, il 2022?

Auspichiamo che il 2022 possa essere buono come il 2021: la cooperazione sociale ha lavorato tanto e ha tenuto. Ma troveremo le persone che ci occorreranno?

Invece, focalizzandoci sul territorio dell’Area Vasta, dove operano le cooperative del CSR, che prospettive vede?

In questo momento nel nostro territorio possiamo affermare che i nostri amministratori sono molto attenti su queste tematiche. Il lockdown è stato un agente di sensibilizzazione per tutti loro, indipendentemente dal colore politico. Ma questa sensibilità si trasformerà in agito concreto?

Esistono modalità per concretizzare questa sensibilità di cui parla?

Penso in particolare alla Coprogettazione e alla Coprogrammazione: sono strumenti che sono a nostra disposizione, ma bisogna poi vedere, alla luce dei fatti, quanti amministratori avranno il coraggio di esplorare fino in fondo questa possibilità. Spero che ci credano in tanti. Ma al momento non vedo particolari slanci.

Il Comune di Rimini?

Stiamo lavorando con la parte tecnica e politica del Comune per dare vita e forma ad un regolamento in tema coprogrammazione e coprogettazione.

In questa intervista abbiamo toccato e affrontato tanti temi e l’impressione è che rimangano aperti diversi punti interrogativi. Guardando al futuro, c’è spazio per un’affermazione, per una certezza?

Certamente. I giovani. Si sono mobilitati con coraggio sia sul clima – Fridays for future – che sui diritti – Black lives matters, per esempio. Si sono dimostrati estremamente sensibili, ma si sono anche spesi concretamente, hanno agito, riempito le piazze. Non sono stati orchestrati dalla politica: e questo mi fa guardare con gioia al futuro. Stanno studiando, stanno cercando la loro strada. I valori per i quali stanno lottando sono veri: dobbiamo essere bravi tutti ad averne cura. Sia noi che veniamo dal 1900, sia loro. Guardo a questi giovani come ad un elemento di grande novità, perché hanno messo al centro il NOI.

23 dicembre 2021


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